La danza non è propriamente una terapia, l’arte lo è. Quindi se è vero che la danza guarisce lo fa perché è in grado di riportarci alla vita, o all’arte della vita.
“Quando danzo non posso giudicare, non posso odiare, non posso separarmi dalla vita. Posso solo essere gioioso e integro: ecco perché danzo.”
Hans Bos
La danza è una terapia?
Tornare “a casa”
La danza non è una propriamente una terapia, l’arte lo è, intrinsecamente. Quindi se è vero che la danza guarisce lo fa per il semplice fatto che è in grado di riportarci alla vita, o all’arte della vita.
La sensazione di piacere e benessere psicofisico che regala questa disciplina (quando ben praticata), è legata alla sua facoltà di restituirci a noi stessi. Grazie al respiro e al movimento infatti, tutti possiamo recuperare presenza e consapevolezza di ciò che siamo, che desideriamo, che vogliamo portare nel mondo.
Danzare attiva infatti contemporaneamente più capacità:
- sensoriali: perché stimola la sensazione tattile, la visione, la percezione dello spazio, la consapevolezza del movimento rendendoci più consapevoli e quindi più vigili e più pronti
- cognitive: perché allena la capacità di riflettere, intuire, apprendere e rielaborare le informazioni che riceviamo dall’esterno aumentando la padronanza e la comprensione del nostre sé
- emotive: perché facilita l’accesso alle proprie emozioni rendendole maggiormente riconoscibili Rabbia, dolore, desiderio, una volta identificate, possono essere liberate dentro a una forma, un ritmo, un progetto spaziale
- creative: perché mette in relazione alle proprie attitudini e aspirazioni stimolando la creazione di una storia di movimento o di un racconto gestuale nel quale potersi riconoscere
- relazionali: perché favorisce l’incontro con nuove persone e invita ad accogliere l’altro in modo empatico e privo di giudizio per aprire la possibilità di una condivisione.
Ma per capire davvero in che modo il movimento è portatore di benessere psicofisico (e quindi anche di guarigione) è necessario comprendere bene cosa richiede tecnicamente un movimento danzato.
Ascolto
Rientrare in un “nostro” tempo è fondamentale: si tratta di uno spazio che non è dettato dall’agenda, dagli appuntamenti e dalle programmazioni. Il tempo della danza è il tempo di cui abbiamo bisogno per accorgerci che esistiamo come corpo e che siamo portatori di leggi fisiche come qualsiasi altro “oggetto”: abbiamo un peso, un volume, un’energia e il nostro corpo si muove grazie a delle funzioni che sono iscritte nelle nostre ossa, nelle nostre articolazioni, nei nostri nervi. Fermarsi ad ascoltare ciò che abita in noi è già di per se quel gesto di amore e benevolenza verso se stessi che sta a fondamento di qualsiasi consapevolezza e quindi anche di qualsiasi guarigione.
Attenzione e partecipazione
L’attenzione e l’intenzione che si mettono in una pratica di movimento consentono di stare nel qui e ora della nostra azione e quindi al centro del nostro essere. Grazie all’attenzione il corpo si rimpossessa di sé, aprendosi ad un nuovo stato, più fluido e aperto, dove al posto delle riflessioni si attivano nuove visioni e intuizioni. Ogni guarigione non nasce (solo) da un nuovo pensiero ma da una nuova azione nata nel presente.
Integrazione corpo e mente
Ogni guarigione parte dalla possibilità di integrare le nostre parti e la danza è il regno dell’integrazione. Il corpo viene vissuto come un sistema complesso ma interconnesso e non come un insieme frammentato. Le qualità fisiche, psichiche e intellettuali si connettono in modo armonico generando centratura e chiarificando i nostri progetti.
Fiducia e spontaneità
La danza aumenta la fiducia nelle proprie risorse e invita ad un approccio più libero e spontaneo. Dentro allo spazio sicuro e protetto della sala è possibile sperimentare movimenti, gesti, dinamiche in assenza di giudizio e portarsi fuori dalla zona di comfort che è alla base degli automatismi fisici e psichici. Questa ritrovata libertà è pura guarigione.
Autenticità
Il movimento danzato ci mette in un legame autentico coi noi stessi. Possiamo fare esperienza del nostro corpo in una modalità dove non vengono richieste censure al nostro essere. Anche se dentro a un perimetro di codici e regole condivise, è terapeutico per ognuno di noi avere dei momenti dove poter essere completamente se stessi.
Relazione con gli altri
La relazione è alla base di qualsiasi guarigione. Nell’atto danzato l’altro si fa specchio. Rappresenta il diverso e quindi incarna la possibilità per me di fare esperienza dell’inesplorato. Osservare il movimento dell’altro e scoprire come questo si mette in relazione con me mi permette di arricchire il mio bagaglio sensoriale e creativo.
Riequilibrio dei limiti
Nel movimento danzato il limite fisico o cognitivo non diventa un blocco. Grazie al movimento riusciamo a renderci consapevoli delle nostre difficoltà e a leggerle come possibilità di crescita e di espansione. Qualsiasi problematica che incontriamo oggi si potrà trasformare in una risorsa domani.
Connessione con il gruppo
Il gruppo è il luogo capace di stimolare emozioni molto arcaiche, di sostenere l’autonomia e l’azione dei suoi membri, Incarna simbolicamente sia la funzione affettiva, grazie a cui i soggetti si riconoscono, sia la funzione di separazione, attraverso cui i soggetti si differenziano e si autodeterminano l’uno rispetto all’altro. Solo grazie a questa esperienza si può godere dell’effetto terapeutico della collettività.
La danza quindi guarisce?
La danza quindi guarisce nella misura in cui ci riporta a noi stessi, al centro del nostro essere, del nostro desiderio, e dei nostri progetti. Non è la cura, ma è una modalità in cui possiamo metterci in una relazione di cura di noi stessi: solo allenando un ascolto attento alle nostre sensazioni più sottili potremo comprendere davvero i nostri bisogni, solo muovendo nell’azione potremmo riconoscerci come soggetti unici, solo sperimentando la possibilità del movimento autentico potremmo predisporci verso nuove visioni, solo grazie agli altri e a quello che nel movimento ci restituiscono di noi potremmo riconnettersi autenticamente con l’esterno, e solo grazie all’esperienza di gruppo potremmo vedere negli altri una possibilità di esplorazione di noi stessi.
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