“Per me il contatto fisico è molto difficile, di solito sto nella mia bolla…”
Madalina
Toccare è sempre essere toccati Il tema del tocco portato da Madalina è un tema fondamentale nella danza. La pelle, l’organo più esteso e sensibile del nostro corpo, è in grado di trasmettere e codificare informazioni velocissime a un livello ancora subcosciente. Inoltre recenti studi hanno provato come le cellule siano in grado di trattenere una memoria tattile, addirittura dalla nostra vita fetale. In quest’ottica in qualche modo noi “siamo” e portiamo nel mondo tutti i tocchi che abbiamo offerto e ricevuto durante la vita. L’epidermide è di fatto un confine attraverso il quale definiamo fisicamente noi stessi e la nostra relazione con il mondo.
Allo stesso tempo il tocco rappresenta anche un’intimità, o meglio una complessità, della quale non ci rendiamo conto nel nostro vivere quotidiano dove la relazione con gli oggetti, e a volte anche con gli altri corpi, è spesso distratta, automatica, inconsapevole.
Grazie alle tecniche codificate della danza contemporanea e della contact improvisation è possibile riportare l’attenzione a cosa significa veramente e profondamente toccare e quindi costruire una connessione tra noi e qualcos’altro. In sala danza ciascun corpo, adeguatamente guidato, può toccare il corpo dell’altro all’interno di una visione completamente nuova: “depsicologizzato” e visto unicamente come materia, come densità, questo può diventare ora una superficie da esplorare, ora una nuova energia con la quale dialogare, ora un diverso tempo con il quale rapportarsi.
Una delle scoperte più sorprendenti della “poetica del tocco”, è il fatto che ogni tocco comporta sempre un essere toccato e quindi anche un essere riconosciuto: se tocchi la mia spalla, porti la mia spalla alla mia presenza, alla mia attenzione, alla mia consapevolezza. Quindi tocco il pavimento ma anche il pavimento tocca me, tocco una parete ma anche la parete tocca me, tocco un altro corpo, ma anche l’altro corpo tocca me. Un mio grande maestro mi disse un giorno: “Il danzatore non è altro che una creatura che non basta a se stessa, affamata di relazioni!”
Il tocco autentico quindi non è mai unidirezionale, ma sempre uno scambio, una reciproca conoscenza, un passaggio che trasferisce e modifica qualcosa nella nostra materia più profonda. Ecco allora che “saper toccare” diventa una sorta di avventura, di viaggio coraggioso che ci insegna ad avvicinare l’altro e a renderci disponibili alla sua diversità, e a una conoscenza che poi diventa inevitabilmente anche la nostra.
Sperimentare il contatto in sala danza e costruire delle azioni a partire da questo vincolo di aderenza, ci porta inevitabilmente a creare spontaneamente nuovi gesti, a riprogrammare nuove dinamiche spaziali e a scoprire nuovi pattern di movimento. Questo perché è la singolarità del tocco dell’altro, la sua spinta, la sua pressione, persino la sua esitazione, a portarmi laddove io non credevo possibile arrivare.
D’altronde se la nostra “bolla” si apre all’altro, non può far altro che espandersi.
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